Ibrahimovic – Diventare Leggenda

Ibrahimovic – Diventare Leggenda

Stai attento Zlatan: se tu fotti me, io fotto te. È da questa base che inizia la costante dicotomia del ragazzo ancora non preda del nomignolo magico: forte ma indisciplinato, sensibile ma spaccone, tecnico ma svogliato, predestinato ma costantemente sotto pressione, irascibile ma buono. Il viaggio e l’occhio del documentario ci portano a immagini di repertorio, con poco spazio per il “televisivo” e molto campo per il privato, in una struttura a tre voci che delinea il romanzo.

Malmö, primi anni Novanta. Al campo di allenamento arriva un lungagnone di più di un metro e novanta di cui parlano tutti bene. La squadra sta per retrocedere ma Zlatan la prende in mano e in due anni la fa risorgere. In città e nel paese diventa un idolo per la sua forza fisica e tecnica che presto lo porteranno in Olanda, a vestire la maglia gloriosa dell’Ajax. L’acquisto è da record, nove milioni di euro, e pone il ragazzo in una condizione di forte pressione psicologica, in cui emergono i lati oscuri del suo carattere, di fatto l’eccessiva chiusura nei confronti del prossimo, l’incapacità a fidarsi del contesto e il sistematico senso di trincea che il suo sguardo e le sue parole rimarcano. L’inizio è faticoso, il suo partner in attacco, l’egiziano Mido, lo relega molte volte in panchina e Zlatan vorrebbe mollare. Non sarà così. Nelle stagioni successive sarà determinante per le vittorie dei Lancieri e ben presto arriverà la consacrazione internazionale con il passaggio alla Juventus.

Un documentario tripartito, che sfrutta le prime tre squadre di Ibrahimovic per delineare la sua evoluzione iniziale. Malmö rappresenta la gioia e l’ambizione di primeggiare, in cui immagini di repertorio fornite dallo stesso protagonista ai registi ci raccontano di un ragazzo casa e campo, con un padre alcolizzato che ha forgiato il suo carattere duro e ruvido. Amsterdam e l’Ajax viceversa sono il banco di prova, l’ansia e la paranoia nel dimostrare a qualcuno qualcosa. Le riprese lasciano un senso di intimità e di presa diretta per farsi totali, campi lunghi in cui emerge la solitudine del protagonista. Infine Torino, la Juventus, che diventano metafora del rinnovato equilibrio interiore di un giocatore divenuto uomo e pronto a prendersi il mondo calcistico. In montaggio alternato le tre isole governano il tempo diegetico e sono rinvigorite dalle tante interviste dei vari Virgilio di questa storia, da Leo Beenhakker a Andy Van Der Meyde, da Mido a Fabio Capello, da Marco Van Basten a Ronald Koeman.

Se voleste interagire con i goal, il dato tecnico e sportivo del primo Ibrahimovic a colpi di immagini di repertorio allora vi consiglieremmo di non aspettarvi molto da questo documentario; viceversa qui è l’originalità, la costruzione drammaturgica e di linguaggio e l’intento di entrare nel dato interiore di un giocatore che ancora non è fenomeno, ancora non è brand, a governare lietamente la narrazione.

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