Narcos Messico … prima stagione

Narcos Messico … prima stagione

Il giorno dopo, mentre smontavano la ruota panoramica, caricavano i cavalli da corsa nei furgoni e i giostrai raccoglievano i loro averi e si allontanavano con le roulotte, Carlotta morì. Presto il piazzale rimase deserto, capanni e edifici furono abbandonati e il terreno rimase cosparso di rifiuti e bottiglie … nessuno rimase lì quando Carlotta morì … la nuova giostra di un brand di successo riprende a muoversi sfruttando la lotta manichea tra due eroi; questa volta si parte dalla marijuana, ci si muove sornioni in Messico per approdare infine alla cocaina e al vero mercato, di fatto alla frana.

Messico, anni Settanta. Felix Gallardo è un ex poliziotto dall’occhio furbo, con una mente criminale pronta a decollare. Insieme al suo socio Rafael Caro Quintero, gestisce un piccolo traffico di marijuana nella regione del Sinaloa, ma nel suo sogno imprenditoriale bisognerebbe trovare lo spazio vitale per l’originale producto di Quintero: la Sensimilla. Gallardo è pronto ad aggredire il mercato messicano, quel triangolo d’oro che parte da Sinaloa e arriva a Tijuana passando per Guadalajara. Riunendo tutti i boss Gallardo riesce a creare il primo cartello messicano mentre los gringos, precisamente l’agente della DEA “Kiki” Camarena, inizia a mettersi sulle sue tracce.

Pensata, ideata come quarta stagione della famosa serie Narcos, questa companion series si guadagna da vivere camminando con le proprie gambe e creando un suo percorso autonomo. Resta, su base classica, la lotta manichea tra bene e male rappresentata da Gallardo e Camarena ma l’architrave e la messinscena risultano essere molto originali. A differenza delle tavolozze su El Padron o sul cartello di Calì, in cui la violenza, lo strappo istintivo e la commistione di genere la facevano da padroni, qui il focus è tutto giocato su i due protagonisti. Si presentano due eroi che ragionano e crescono, Gallardo nel costruire il suo Impero del male, Camarena nel far crescere la DEA, che all’epoca muoveva i suoi primi passi contro i narcotrafficanti. Una voce fuori campo, una sorta di narratore onnisciente, ciclicamente interviene per avvisare che ciò che stiamo osservando è realmente accaduto e questi passaggi vengono vissuti dallo spettatore lentamente, quasi fossero metafora dei continui ragionamenti dei due protagonisti. La fotografia, che abbraccia molto il giallo ocra e sostiene una m.d.p. molto fedele ai primi e primissimi piani, ci presenta un Messico polarizzato sulla lotta tra i protagonisti mentre i personaggi secondari, al momento, non riescono a vivere una loro verticalità ma si concentrano sull’orizzontalità della serie.

In questo storytelling, la grande forza degli autori è stata quella di evitare una mitizzazione degli eroi, creando una sorta di distacco, quindi se con Pablo Escobar la giostra risultava veloce, quasi nevrotica nel suo incedere, qui siamo al cospetto di una ruota panoramica, di fatto testimoni di un luogo conosciuto vissuto da un punto di vista lietamente differente.

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