Oscar 2016: la notte di Morricone e Di Caprio

Oscar 2016: la notte di Morricone e Di Caprio

La sceneggiatura è carica di personaggi: c’è l’outsider che ha conquistato l’America con i guantoni e la sua scrittura dalla metà degli anni Settanta; c’è l’attrice venuta dalla Svezia con la sua storia sui transgender; c’è la ragazza dai capelli biondi metà irlandese e metà americana; c’è Di Caprio; c’è la sua amica Kate Winslet; c’è il bimbo di nove anni che si atteggia ad attore consumato; c’è Olivia Wilde che sta prendendo i nostri sensi con l’ultima creazione visiva di Scorsese. C’è il Gotha del cinema mondiale all’ottantottesima Notte degli Oscar, e quei trecentosessanta gradi di vertigine d’ immaginario, dal red carpet alle interviste, dallo show finale alla moda messa in vetrina, anche ieri notte hanno apparecchiato la tavola luccicante dell’Academy.

La volta scorsa eravamo “tornati” a casa con la gioia di Sorrentino e Jep Gambardella, quest’anno invece è stato Ennio Morricone il rappresentante della nostra tradizione. Il Maestro romano torna a casa con la statuetta per la Miglior Colonna Sonora realizzata per The Hateful Eight. Visibilmente emozionato, Morricone ha ringraziato la moglie Maria e il regista Tarantino mentre la platea, tutta in piedi, gli riservava una dovuta ed emozionante standing ovation. Il Kodak Theater si è presentato gremito in ogni ordine di posto con un “fondale” giocato sul motivo del pavone, con continui split screen pronti a esaltare le varie performance canore, di intrattenimento, che durante la diretta si sono inframezzate alle venticinque premiazioni.

Il Mercurio della serata è stato uno dei maggiori comedian americani, quel Chris Rock che quest’anno ha avuto una bella gatta da pelare con la questione Oscar so white. L’Academy infatti è stata accusata duramente dai maggiori artisti afroamericani, capitanati dai “boicottatori” della serata Spike Lee e Will Smith, di privilegiare, donare opportunità superiori agli attori bianchi, con quest’ultimi rei di aver lottizzato tutte le nominations. Rock ha cercato di muoversi su un filo sottile di ironia e sarcasmo per denunciare la questione, utilizzando bastone e carote sia per la comunità afroamericana sia per l’Academy. Su questa linea si sono inseriti anche dei piccoli spot registrati in cui il presentatore intervistava gente di colore aizzando il loro “risentimento” o delle sequenze dei film nominati in cui facevano capolino attori di colore, e segnaliamo a riguardo una simpaticissima Whoopi Goldberg che si incunea in una sequenza di Joy prendendo in giro Jennifer Lawrence.

A trionfare come Miglior Film è stato il crime drama Spotlight di Tom McCarthy. L’opera, tratta da una storia vera, ci racconta le operazioni investigative di un gruppo di giornalisti che nel 2002 scoprirono le continue coperture della Chiesa Cattolica su decine di sacerdoti che si macchiarono di abusi sessuali su minori. A prendere totalmente la scena della serata è stato poi Leonardo Di Caprio, finalmente vincitore nella categoria Miglior Attore Protagonista per la performance in The Revenant, dopo aver sfiorato il premio in ben otto occasioni. L’attore americano ha ringraziato tutto il cast e, prendendo spunto dal film, alla fine del suo discorso si è concentrato sulla tematica ambientale: Dobbiamo pensare ai figli dei nostri figli, al clima che sta cambiando in maniera preoccupante. Non dobbiamo dare per scontato questo pianeta come io non davo per scontata la vittoria di questo premio ha sentenziato la star.

Il premio come Migliore Attrice Protagonista è andato a Brie Larson, che interpreta una mamma in difficoltà nel film Room. L’attrice rappresenta la nuova generazione di Hollywood insieme a Alicia Vikander, spalla di Redmayne in The Danish Girl, che si è aggiudicata la statuetta come Miglior Attrice non Protagonista. Quest’ultimo premio al maschile è andato al bravo Mark Rylance che nel film Il ponte delle spie, nei panni di una spia russa, offre un’ottima interpretazione giocata su una continua sottrazione mimica. Il premio alla Migliore Regia, e dal nostro punto di vista non poteva essere altrimenti, è stato assegnato a Alejandro González Iñárritu per The Revenant, film tra l’altro che ha dato la possibilità di vincere la terza statuetta consecutiva, dopo Gravity e Birdman, a Emmanuel Lubezki per la fotografia. Succede alla Grande bellezza, come Miglior Film Straniero, Il figlio di Saul dell’ungherese László Nemes. Il film, che ci racconta la Shoah, già dal Festival di Cannes veniva individuato dagli addetti ai lavori come possibile vincitore dell’Oscar. Sul versante della scrittura, quest’anno l’Academy ha premiato i film politici, con Spotlight che si è aggiudicato anche il premio per la sceneggiatura originale, e La grande scommessa che ha trionfato per quella non originale. A primeggiare invece sul versante tecnico ci ha pensato il cinetico e schizzato Mad Max: Fury Road di George Miller, che ha vinto ben sei premi a fronte di dieci candidature. Concludiamo con il ricordo di Ettore Scola, omaggiato dall’Academy in un momento di grande emozione sulle note di Blackbird dei Beatles, magistralmente interpretata da Dave Grohl.

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