(Serie TV) True Detective seconda stagione – episodio 02-03

(Serie TV) True Detective seconda stagione – episodio 02-03

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Ben Caspare è stato trovato morto. Qualcuno gli ha sciolto gli occhi con l’acido cloridico e lo ha torturato mentre stazionava supino. Il procuratore di Stato, stranamente, interviene nella faccenda affidando il caso alla Bezzarides e, parallelamente, la polizia affianca alla donna Velcoro, mentre Woodrugh dovrà seguire le indagini. La morte del manager ha messo in crisi gli affari di Semyon, che non ha la minima idea di chi possa essere il mandante dell’omicidio ed è deciso a recuperare l’investimento perduto. Mentre la moglie di Velcoro comunica a quest’ultimo che chiederà la completa tutela del figlio Chad minacciando inoltre di procedere al test di paternità, ecco che vengono fuori le nevrosi sessuali di Caspare consumate nella sua casa di Hollywood.

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Proseguono le ricerche per risalire all’assassinio di Ben Caspare e a dividersi la torta ci sono tre soggetti: il Dipartimento di Stato, la polizia di Vinci e la polizia di Ventura. Velcoro, all’insaputa della Bezzarides, ha fatto di testa sua trovando la scena del crimine e rimediando una scarica di pallottole di gomma. Woodrugh va a fondo nell’ambiente della prostituzione dove Caspare era solito muoversi. Nella notte intanto si muove Semyon con i suoi gaglioffi e sembrerebbe essersi reso conto di come la malavita lo stia scaricando.

Note critiche

Per respirare e fare propria l’atmosfera di questa seconda stagione di True Detective basta osservare attentamente l’incipit del terzo episodio. L’inquadratura iniziale, con un soggetto al centro della scena e il contorno della sua sagoma chiazzato di blu elettrico mediante una luce dall’alto, rimanda ad uno spazio esterno e infatti veniamo subito investiti dai primi piani. Siamo al bar e Velcoro sta sognando un confronto con il padre mentre il Mercurio iniziale, un Elvis Presley molto lynchano, accompagna il franco dialogo tra i due. È anche questa una delle qualità della serie, la capacità di sfruttare il proprio segmento scenografico, il proprio “mondo”, rimandando sempre ad uno spazio più vasto com’è nella miglior tradizione della pittura rinascimentale. La musica poi avvantaggia tale atmosfera, sia che si tratti dello street club dei gaglioffi di Semyon, e lì sono i corpi che danzano a portare l’occhio al di là dell’inquadratura, sia che si tratti della casa del sindaco corrotto di Vinci, e lì è il vento che muove le piante ad aprire lo sguardo mentre al centro un corpo di donna “sfila” e tiene fede all’intreccio. Quest’ultimo è condizionato dalla parabola di Caspere che diventa detonatore per mettere in “guerra” tre nuclei investigativi. Ognuno di questi nuclei fa capo ad uno dei protagonisti, da un lato la Bezzarides, non corrotta, dall’altro l’autodistruttivo e corrotto Velcoro e in mezzo il misterioso Woodrugh. In questi due episodi la scrittura fermenta i traumi del passato e saltano fuori un problematico rapporto infantile della Bezzarides con una comunità hippy gestita dal padre, i “Good People”, le pressioni sempre più claustrofobiche della moglie di Velcoro nell’ottenere la custodia totale del piccolo Chad e il passato ambiguo di Woodrugh, anche in materia di legami sentimentali, durante la guerra in Medioriente. Gli spazi discretamente fanno proprio l’immaginario, dal bar agli interni delle macchine, da Vinci, che diventa sempre più Suburra decadente, al capannone stile set cinematografico dove i nostri portano avanti l’indagine. Ad acquisire peso specifico è la parabola di Semyon, il personaggio che più sembrerebbe essere condizionato dal “detonatore Caspere” e che affascina per i suoi dubbi shakespeariani che trovano uno sfogo, paradossalmente sempre mediato, nella violenza fisica e nello sguardo continuamente preoccupato. Speculare all’orizzontalità, che impegna i personaggi da uno spazio all’altro e nella “lotta” per la loro supremazia, ecco che la verticalità si ingegna e creare percorsi dalle possibilità innumerevoli che portano lo spettatore a non prendere una posizione, di fatto immedesimandosi, per uno dei protagonisti ma restando in attesa. Ed è l’attesa, il fermare il tempo contemplando un primo piano che investe la visione, l’approccio di questa serie: l’attendere ciò che arriverà. Siamo in un limbo, come gli occhi di Semyon che osservano le macchie di muffa sul soffitto di casa e il capo quasi risucchiato dal cuscino. Una partenza e una prima curva fatte nel migliore dei modi nonostante alcuni personaggi entrino ed escano dalla storia con troppa velocità, come nel caso dell’ex della Bezzarides o della stagista di Caspere che, ci auguriamo, possano ulteriormente “espandersi” nei prosieguo della serie.

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