La fuga fu la prima manifestazione di ribellione … la ricerca della libertà era vista come un crimine. A Boca de Nigua, sull’isola, il 30 ottobre 1796 ci fu la prima rivolta degli schiavi contro le ingiustizie perpetrate dai colonizzatori. La terra, la foresta, i campi divennero, in quel preciso istante, un nucleo da proteggere e una cultura da salvaguardare. Questo nucleo viene portato ai giorni nostri dagli occhi grandi di Makenya, una giovane donna che sembrerebbe essere preda della paura.
Repubblica Domenicana. La giovane Makenya resta inaspettatamente incinta mettendo in crisi tutta la sua famiglia. Sua mamma prova a deviare il suo destino di giovane-madre con una pozione mentre suo nonno, che da decenni lavora in una piantagione da zucchero, sta per essere “rimpiazzato” sul lavoro dai macchinari. Sullo sfondo di una terra pulsante, la giovane protagonista ricerca un suo registro identitario e si affida alle visioni di un serpente per comprendere le proprie emozione e superare le paure.
Il linguaggio del film, che si affida alle atmosfere e alle tematiche del cinema del marronage, della regista Johanné Gómez Terrero, punta molto sui primi piani e sui dettagli. La gravidanza di Makenya diventa metafora dell’emancipazione femminile, da un lato, in dialettica con la schiavitù dei suoi antenati dall’altro. Il legame con madre natura, vera co-protagonista della pellicola, fa emergere il rapporto della ragazza con elementi primordiali quali fuoco e acqua. Quest’ultimi puntellano sempre il quadro e legano la realtà della protagonista con le atmosfere portate in dote dal serpente, vero elemento simbolico che professa misticismo e animismo. Il montaggio non sempre collega nel migliore dei modi i vari piani di significazione e la vicenda di Makenya si perde tra le troppe istanze, denunce narrative.
Il film, in sostanza, potrebbe risultare un’opera di qualità sul versante concettuale ed estetico, visto che la regista utilizza cromatismi che ci fanno conoscere lietamente il mondo dei villaggi Batey con uno sguardo preciso e sincero. Tuttavia tale base propone un piano di sceneggiatura tra presente, la gravidanza di Makenya e l’industrializzazione, passato, la schiavitù e le radici coloniali, e registro intimo, il soprannaturale rappresentato dal serpente, che spesso appesantisce la visione non avendo una vera e propria fluidità in quadro in termini di ritmo narrativo.