Age is just a bingo number

Age is just a bingo number

Il tempo, lo scorrere del tempo e il suo assestarsi, sono da sempre luoghi affascinanti per la natura dell’essere umano. Il tempo che scorre via diventa cifra lenitiva o spiazzante ricordo, in un gioco di emozioni che qui ha la sua radice nel tema del passaggio, inteso simbolicamente come strappo emotivo tra passato e presente. La storia ci racconta di alcuni migranti, dei loro occhi che significano il reale all’interno di una sala in cui si gioca e si sta in lieta compagnia.

Siamo sul terreno del genere documentario e scopriamo, con una m.d.p. discreta e in continua dialettica tra primi piani e campi medi, il versante quotidiano di una comunità di italiani a Newcastel Upon Tyne. I nostri si ritrovano, rigorosamente il martedì mattina, in un Irish club ; in quel luogo, simbolo di vicinanza emotiva e condivisione, giocano a bingo e cantano vecchie canzoni della tradizione italiana. Dal gioco, vero filo rosso della narrazione, si passa ciclicamente alle storie soggettive dei protagonisti, di fatto persone anziane che hanno lasciato il Bel Paese nel secondo dopoguerra e, con sacrificio e dedizione, si sono ri-costruite.

Il documentario ha un linguaggio classico, divulgativo, con il tema del gioco che diventa metafora dello spirito, della condizione dei protagonisti. Quest’ultimi vengono “ascoltati” dalla m.d.p. e dalla regista Simona Palladino, social scientist dell’Università di Newcastle, che interagisce con loro su un doppio binario. Da un lato c’è il racconto univoco delle vite dei vari protagonisti, con un aggancio al passato e un continuo riferimento all’Italia; dall’altro lato è la regista a entrare nella diegesi con la voce fuori campo e le domande che portano riflessione, in cui è il presente a farla da protagonista. A collegare il tutto emerge un montaggio cadenzato, ritmicamente lineare che ha il suo riflusso in alcuni momenti di vita quotidiana, in cui entrano, ciclicamente, il tema della musica o della condivisione a tavola del cibo. Gli spazi sono intimi, raccontati con una fotografia realista in cui emerge la figura umana.

Prodotto da EngageFMS, Institute of Creative Art Practices, Film@CultureLab della Newcastle University, questo documentario inizia a muovere, in queste settimane, i suoi primi passi nei circuiti festivalieri. Se nel capolavoro di Luchino Visconti, Rocco e i suoi fratelli, era solo il piccolo Luca ad avere una speranza di ritorno verso la terra d’origine, qui la vita di tutti questi volti si ferma lietamente in quella sala gioco.

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