Diego Armando Maradona: i campi e i piani del Pibe

Diego Armando Maradona: i campi e i piani del Pibe

Da pochi giorni ci ha lasciato Diego Armando Maradona, il Pibe de Oro, a sessant’anni e dopo un’operazione chirurgica delicata di poche settimane fa. Il suo cuore non ha retto a fronte di una vita caratterizzata da grandi successi, sul terreno di gioco e nell’emozionare milioni di tifosi di calcio, e da continui eccessi, sul sentiero della vita, puntualmente fagocitati, strumentalizzati dall’affamato circolo mediatico. Dalla vetta della catena alimentare calcistica, con quel sinistro vellutato, Maradona racconta del Novecento e ogni sua prodezza sul campo diventa memoria e simbolo di un’epoca che non c’è più, da “Tutto il calcio minuto per minuto” agli “assembramenti” della Bombonera, dalla voce emozionata del raffinato Morales alle Notti magiche di Italia 90, tutti frame di un mondo che, simbolicamente parlando, sembrerebbe aver definitivamente lasciato il passo conducendo il suo figlio prediletto nella sacralità mitica. Tuttavia, come ci ricorda Jorge Valdano, in questo caso parliamo soltanto di un uomo, e nella bellezza di questa frase che vogliamo ricordare Maradona attraverso cinque passaggi in video, cinque campi/piani da rivivere e conservare.

Primo Piano e Figura Intera/Argentina/Infanzia: Ho due sogni, il primo è di giocare la Coppa del Mondo e il secondo è di vincerla. Siamo a cavallo tra anni Sessanta e Settanta e l’Argentina vive un periodo di forte instabilità politica, con continui golpes, che hanno una tremenda ricaduta sull’economia del paese. Il piccolo Maradona entra nel video con il volto di un angelo giovane, con il corvino della sua chioma da putto e quel piede sinistro che, a figura intera, accarezza il pallone. Lo sguardo della camera non lascia spazio ad altro, è il primo momento in cui il corpo, di adolescente, di Maradona viene offerto e consegnato ad un’altra dimensione. Il bianco/nero esalta lo sguardo innocente e, già da questo attimo, abbiamo gli elementi che caratterizzeranno la parabola del campione: la tecnica sopraffina, l’infanzia povera, il tema del sogno e del riscatto, la necessaria emancipazione mediante la vittoria che diventa veicolo di riscatto sociale.

Mezza Figura/Napoli/Giovinezza: Dopo che ha segnato il goal alla Juventus, è andato verso il suo pubblico napoletano. Cosa ha pensato? Di che colore è il goal? – Il colore è azzurro … è azzurro per tutta la gente di Napoli. È autunno e il Napoli ha appena sconfitto la Juventus con la più bella punizione della storia del calcio e a batterla è stato Maradona. Siamo ora nello spogliatoio e il bianco/nero ha lasciato il posto alle immagini effetto seppia degli anni Ottanta, di un’Italia socialista-craxiana che spinge sul codice liberista e si violenta con la P2. Il giornalista Galeazzi, dando professionalmente del lei a Maradona, entra ed esce dall’inquadratura mentre l’asso argentino, giovane e bello, è in accappatoio azzurro, circondato da sguardi di gioia che tuttavia non mollano mai l’oggetto del desiderio. Il nostro ha lo sguardo felice, cita i napoletani e reitera quella simbiosi con il popolo che sarà una sua cifra stilistica. La fama non consente più una tranquilla doccia nello spogliatoio viceversa, anche per indulgenza dello stesso Maradona, lo storytelling è senza interruzioni.

Primo Piano/Messico/Gloria: l’Argentina è campione del Mondo e a vincere il Mondiale è stato Maradona, con continue prodezze e la capacità di elevare qualitativamente tutta la rosa. Siamo nel 1986, il mondo va verso il crollo del Muro di Berlino, tutta l’Argentina è in festa e il calcio aumenta la falcata che lo porterà ad essere una delle principali aziende del capitalismo mondiale. Con la coppa luccicante, in primo piano, Maradona bacia il trofeo e anche qui è oggetto dello sguardo dei potenti del calcio, che lo osservano compiaciuti. Il figlio di Villa Fiorito è sul tetto del mondo e con questa performance mette insieme le premesse, personali e mediatiche, realizzate e documentate nel periodo dell’infanzia. Alla gioia vera e autentica, esaltata dalla bellezza della maglia albiceleste, si contrappone tuttavia il dato storico che vedrà il Pibe vincere ancora, soprattutto con il Napoli, avviandosi tuttavia verso un triste declino.

Totale e Primo Piano/USA/Frana: siamo al mondiale del 1994, organizzati per la prima volta dagli Stati Uniti, e l’Argentina si presenta con una rosa pronta per la vittoria finale. Ci sono le prodezze di Batistuta e la furbiza di Caniggia, la tattica di Sensini e i muscoli di Simeone, l’agonismo di Chamot e la tecnica di Redondo e poi c’è il Pibe, appena rientrato dopo un periodo di squalifica, tirato a lucido per la competizione. Sono gli anni di Michael Jordan e della pace tra palestinesi e israeliani con la supervisione di Clinton. Il mondo occidentale sembrerebbe essere un’isola felice tuttavia, per Maradona, il calvario è in essere. Contro la Grecia, in totale, osserviamo un elegante triangolo tra Redondo e Maradona, con quest’ultimo che, al limite dell’area, fredda Minou con un perfetto tiro nel sette. La sagoma di Diego è ora in primo piano, aggredisce il video con uno sguardo luciferino mentre i suoi compagni tentano di abbracciarlo. Pochi secondi, gli occhi scuri e le vene del collo che pompano sangue. Alla giovinezza e alla gioia si sono sostituite rabbia e paura: l’Argentina non vincerà quel Mondiale e Maradona sarà squalificato per l’ennesima volta per doping.

Figura Intera/Argentina/Addio: si gioca Gimnasia – San Lorenzo e il mondo è falcidiato da una pandemia da Covid-19 che aggredisce i sistemi di potere, le relazioni sociali e le strutture economiche. Maradona è il tecnico del Gimnasia e lo osserviamo, con la risoluzione HD tipica dei nostri tempi, seduto in panchina, stanco e pensieroso. Il suo volto gonfio è protetto da un casco anti-Covid che lo fa sembrare una sorta di astronauta. Lo sguardo ha perso la luce degli anni passati, un velo di tristezza copre tutta la sagoma e la radicalizzazione del personaggio trova ora linfa nel passo d’addio. Intorno a lui ci sono altre figure ma l’occhio dello spettatore, grazie anche alla virulenza della grafica, non può staccarsi da un’immagine che sa di angoscia e lontananza. Di lì a pochi giorni Maradona sarà ricoverato per una delicata operazione e poi il suo cuore stanco smetterà di battere.

Dovunque andasse, grazie alle sue magie e alla sua stazza da leader, Diego Armando Maradona risultava cangiante accentuando, e qui entriamo nella retorica mitica, il più e il meno tipico dell’essere umano. La bellezza del suo calcio è immortale come anche, sul versante storico e culturale, il suo modus operandi, impregnato di ideologia popolare e rivoluzionaria, fa parte dei grandi personaggi ottocenteschi e novecenteschi. L’Icona, l’immagine costruita nel villaggio mediale ha ormai impastato il bello e il brutto, le prodezze e le cadute e il giudizio sulla persona, in un mondo in cui tutto ormai deve essere giudicato, può anche, in questo momento, fare spazio al ricordo e al bello della memoria.

ATTACH A DOCUMENT
Upload from your computer:

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>