E se nella Roma antica si fosse frequentata la sala cinematografica!?!

E se nella Roma antica si fosse frequentata la sala cinematografica!?!

E se nella Roma antica si fosse frequentata la sala cinematografica?!?

Immaginiamo per un momento se dovessimo ricreare lo spazio e il tempo di un romano dell’antichità. Partiremmo da un tema, in questo caso il tempo libero, e, sorvolando su una precisa classe sociale, dai senatori ai liberti passando per gli schiavi, dovremmo puntare il nostro focus su un’abitudine; di fatto potremmo immaginare l’imprescindibile frequentazione dei balnea, in cui si azzerano le classi sociali e il luogo adibito ad attività salutare si riconfigura come pratica sociale; potremmo rivivere i momenti delle feste, come i Saturnalia, in cui l’Urbe si blocca e fa festeggiare il suo mondo pulsante per sette giorni a colpi di danze, spettacoli, manifestazioni caotiche e animalesche dove, per esempio, si ribaltano le abitudini e i potenti si ritrovano a servire gli schiavi; potremmo entrare nelle domus ricche di affreschi e mosaici e recuperare la ritualità del cibo e dell’acqua, in continua interazione con le preghiere alle divinità. Tanti sono i momenti dedicati al relax nella Roma antica e, nonostante un lasso di tempo enorme, essi avranno sempre un ruolo fondamentale sia che si tratti del periodo dei Re, della Repubblica o dell’Impero. Tornando alla nostra immaginazione e valutando fascinosamente questi elementi, potremmo recuperare uno dei nuclei che più governano il nostro presente occidentale, l’immagine, e trasferirlo, con il nostro modo di essere, in quel periodo. Se per l’uomo del Novecento lo spazio principale di evasione è stata la sala cinematografica, che diventa però, per le sfere dei potenti, un preciso controllo sociale e una forma di alfabetizzazione del sentire comune, essa che tipo di utilizzo e di fruizione avrebbe potuto avere nella Roma antica? Quali tematiche avrebbero prediletto i romani? Con quali cadenze avrebbero quest’ ultimi frequentato quel luogo?

Il gioco è privo di profondità e non vuole essere caratterizzato da un approccio scientifico, ma sicuramente la sala cinematografica avrebbe avuto tre obiettivi: spazio espressivo per vivere un momento di relax – spazio contenitivo per veicolare la gloria di Roma – spazio narcotizzante per il controllo sociale.

Spazio espressivo e di relax

 Alla stregua dei balnea, la sala cinematografica nella Roma antica sarebbe stata utile a donare riposo, ristoro dopo le attività lavorative. Considerando che per un romano di quel tempo, in media, la giornata lavorativa inizia alle cinque di mattina o alle sette, dipende dalla stagione, e finisce a mezzogiorno, ecco che i cinema avrebbero sicuramente iniziato le proiezioni nel primo pomeriggio. Ci sarebbero state tantissime sale dislocate in tutta la città, dai luoghi più altolocati, con magari una serie di statue classiche recuperanti la storia di Roma all’ingresso e una serie di senatori con il codazzo di servi pronti a gustarsi il nuovo film in uscita, ai luoghi più decadenti, magari siti nella Suburra, dove le classi più povere si sarebbero fiondate a gustarsi l’ultima commedia. Pur avendo tipologie differenti di cinema, sicuramente i Romani non avrebbero fatto opposizione se un povero fosse entrato in un cinema per facoltosi munito di biglietto, visto che il relax nella Roma antica è un diritto per tutti, e serve a coagulare il tessuto sociale viceversa non a creare tensioni. A tal riguardo i prezzi d’entrata sarebbero stati dunque alla portata di tutti e senza differenze. Ovviamente all’interno della sala stessa avremmo trovato, soprattutto nei cinema più importanti, precisi posti riservati ai ricchi e ai senatori e le zone più disagiate riservate al popolino. Essendo i romani dei bravissimi ingegneri, l’acustica del luogo sarebbe stata perfetta e anche le comodità e il piacere, come magari delle avvenenti ragazze che servono vino durante l’intervallo alle prime file, sarebbero state vissute come necessarie e naturali.

Spazio contenitivo per glorificare Roma

Ritiratosi nella sua bella villa in campagna a Literno, Scipione l’Africano avrebbe potuto raggiungere la sala del luogo, o magari essere invitato a Roma per qualche festa e gustarsi il film che racconta la sconfitta di Annibale, il vero spauracchio di tutti i romani. In questo abbiamo forse la tematica che più di tutte sarebbe stata sfruttata dai potenti per innalzare e fidelizzare i romani a Roma. Glorificare le battaglie e le guerre vinte, recuperandole sullo schermo, avrebbe alfabetizzato ancora di più, soprattutto nelle province lontane, l’idea di potenza e di forza di Roma, con i suoi soldati, l’ingegno, la disciplina, la forza, la potenza, l’abnegazione, la testardaggine, la fede. Tutte tematiche che sarebbero convogliate in un unico grande obiettivo da filtrare mediante il mezzo cinematografico. Ovviamente tale tattica avrebbe anche trovato la critica di fini pensatori, che magari avrebbero potuto individuare nella staticità della sala cinematografica un nemico di contro alla proverbiale forza fisica, azione continua caratterizzante i romani (su tale linea Mussolini costruirà grandi fette di ideologia fascista). Immaginando alcune sequenze di Roma di Fellini, la sala nei momenti di maggiore tensione drammaturgica si sarebbe palesata con soddisfazione istintuale e anche bestiale, con gli spettatori che mimano scene di guerra o si commuovono al bacio tra il soldato romano e la donna nord-africana appena “liberata”. Anche in questo caso tutto sarebbe stato catartico, giusto sia per il fine intellettuale che passa le sue giornate a pensare che per l’uomo semplice, abituato a spaccarsi la schiena quotidianamente senza aver la certezza di concludere la giornata con un pasto caldo.

Spazio narcotizzante adibito al controllo sociale

La sala cinematografica avrebbe avuto come linea tempistica un gioco di 6/7 ore, dalle due di pomeriggio fino al calar della sera, e in quel preciso momento le autorità avrebbero gestito con maggiori informazioni il grande flusso di gente presente in città, e che si tratti di Roma o di una provincia della Dalmazia o della Bretagna non fa differenza. Legata a doppio filo con il tema della glorificazione, l’idea di sfruttare il cinema come controllo sociale sarebbe stata inquadrata sin dall’inizio come priorità mediante fini registi, magari pensatori chiamati dalla Grecia, da Alessandria d’Egitto per veicolare tematiche atte a abbassare il pensiero critico del popolo, rendendolo di fatto sognante ma innocuo allo stesso tempo, felice ma addormentato, con gli occhi spalancati ma con il cervello in stand-by. Tutto questo avrebbe creato consenso e ridotto il rischio di voci fuori dal coro, e noi italiani che abbiamo subito la violenza televisiva di Berlusconi possiamo comprendere bene il paradigma. Per narcotizzare ancor di più gli istinti, ogni sala avrebbe potuto avere uno spazio, adiacente al proiettore, dove riposarsi tra una proiezione e l’altra e magari anche dei lettini, per i più ricchi ovviamente, dove stendersi e vivere l’emozione di un massaggio a colpi di unguenti e profumi arrivati con l’ultimo carico dall’Oriente.

Tre tematiche, un unico luogo e una società che per prima ha saputo prendere da fuori (Etruschi, Greci, Egiziani …) per riconfigurare a proprio vantaggio. Con il cinema sarebbe stata la stessa cosa e i romani si sarebbero appassionati come l’uomo del Novecento, magari scagliandosi contro linguaggi innovativi (un Tarantino che scardina tutto con Pulp Fiction?) salvaguardando e aggrappandosi al linguaggio primigenio (il cinema classico hollywoodiano?) salvo poi storicizzare il tutto e comprendere la forza o i punti deboli di una precisa forma espressiva. La cosa che più rimbalza al pensiero è comprendere come il cinema sarebbe stato perfetto per le strategie comunicative dell’autorità romane, capace di portare gioia ma allo stesso tempo controllo e in tutto questo c’è spazio anche per innalzare il mito dell’Urbe; il cinema in questo senso diventa una forma d’arte ancora più potente del teatro se inquadrata come narcotico furbo e ambiguo. La sala cinematografica come spazio multiforme adatto a ogni esigenza e presente nella vita del romano antico quotidianamente. Un gioco privo di profondità scientifica, valevole solo a immaginare e ricreare in barba a qualsiasi schema.

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