(Serie TV) 1992 – nono e decimo episodio

(Serie TV) 1992 – nono e decimo episodio

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Mentre Bosco e Veronica sembrerebbero sul punto di metter su famiglia, ecco che Dell’Utri regala a Notte il libro “Petrolio” e un conto a nove zeri per il nuovo soggetto politico che verrà. Il giovane pubblicitario tuttavia viene nuovamente minacciato da Venturi e dovrà affrontare ancora il suo lato oscuro, trovando conforto e dialogo in Bibi. Quest’ultima di contro non riesce a liberarsi dalle azioni e dai desideri di Pastore, deciso più che mai a far emergere il marcio della Holding Mainaghi.

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Di Pietro è sempre più vicino al “Cinghiale” e Pastore riesce, grazie al suo fiuto da poliziotto, ad essere richiamato nel pool. Notte intanto vive di sensi di colpa e viene licenziato, per insubordinazione, da Publitalia. Le indagini corrono spedite e mentre Chiesa è condannato a cinque anni di carcere, ecco che Veronica e Bosco estremizzano in modo tragico la loro unione e Bibi viene per la prima volta interrogata in Procura.

 

È sera e la città brulica di macchine; i due escono dalla Porsche grigio metallizzato; la macchina a mano inquadra prima lui, poi lei e infine entrambi dall’alto. Ancora non riusciamo a capire in che punto di Milano ci troviamo e la fotografia richiama le tonalità della macchina. Stacco sui protagonisti di profilo, con una luce gialla che introduce il dialogo. Una domanda e poi una chiamata sul cellulare di lui, che fa per allontanarsi. La macchina va in primo piano su lei che osserva, curiosa e basita allo stesso tempo, verso l’alto reiterando il tema della curiosità: Chi era? Lui non fa una piega e in primo piano afferma sornione: Sarà uno splendido 1993. E si avviano a piedi chissà dove Notte e Bibi , in una Piazza Duomo semideserta, di fatto dopo aver osservato un simpatico manifesto. Sono loro due i maggiordomi visivi e fattivi che concludono il percorso di 1992. Il primo, sicuramente il personaggio maggiormente approfondito a livello di scrittura ed esteticamente, ha vissuto in questi ultimi due episodi un arco conclusivo carico di pathos. In Notte abbiamo il lato sognante, il luccichio che si aggancia alla società dello spettacolo forgiata dal berlusconismo, che in questa serie è sfiorato, toccato, aleggiante. Allo stesso tempo in lui è evidente il demone della paura, con un passato delineato, un presente certo e un futuro incerto, che lo portano ad alimentare continuamente i suoi fantasmi ed essere preda della macchina da presa, che qui lo pungola dall’alto, di lato, dal basso, in una fissità che è crollo, vertigine, resurrezione. Il ritmo è lento, le inquadrature hanno abbandonato lo spazio di presentazione per convergere inesorabilmente sui volti continuamente in preda al dubbio. Quest’ultimo attanaglia soprattutto Veronica e Bosco, due amanti che si sono, per tutta la serie, rincorsi e vissuti alternando passione ed egoismo, interesse e istinto. La loro fine potrebbe sembrare tragica ma l’aggancio al 1993 ci fa pensare che i due si fionderanno nuovamente nel vortice anche se, a noi spettatori, restano impresse le sequenze finali, in cui i due “animali” da palcoscenico non fanno che prendere atto della loro natura facendosi beffe dei sentimenti, anche quelli più puri e autentici. Pastore, personaggio che potrebbe legarsi al cinema americano della Guerra Fredda e vero collettore simbolico tra il tema della giustizia e la messa in discussione della stessa, ci ha abituato per tutti e dieci gli episodi alla linea dell’indagine, alla giusta nevrosi verso la Holding Mainaghi anche a costo di sacrificare un amore non corrisposto. C’è poi Bibi, il personaggio forse più sfuggente, molto spesso in balìa del contesto; un soggetto che prende inerzia dalle azioni di altri personaggi, da Notte a Pastore , passando per il fantasma del padre e che gode di uno scarto estetico forte ampiamente vissuto da metà serie in poi.

La conclusione di 1992 non si aggancia più al tema della visione o della discesa nell’oscurità, viceversa prende possesso del tema della paura e danza con quest’ultima in attesa del nuovo anno. L’estate è finita, arriva l’inverno e mentre Di Pietro agguanta Craxi, ecco che la paura ha sistemato tutti i protagonisti, apparecchiando per loro la giusta pietanza. Paradossalmente gli eroi di 1992, e qui è evidente lo scarto simbolico con la serialità di Gomorra o di Romanzo Criminale, sembrerebbero come ritornare al punto di partenza, dotati però di una cicatrice indelebile, o di una mutilazione che ha ristabilito l’ordine iniziale, l’ordine sociale della Repubblica delle Banane. E in questa linea diventa profetica, anche se geneticamente legata all’orizzontalità, la frase del democristiano Nobile rivolta a Bosco: Ma lei lo sa che significa Seconda repubblica? Che vi prendete gli scarti della Prima. Tutti quanti si prendono gli scarti delle loro stesse azioni per continuare a vivere da dove avevano cominciato; da qui la metafora con il nostro presente, con l’Italia gattopardo che si specchia nel suo marciume e nel suo fascino, nella sua bellezza e nei suoi segreti, nel sangue e nel denaro, nella corruzione e nella maschera. In una delle sequenze finali Veronica si guarda allo specchio, osserva sul suo volto i segni di ciò che è stato ma, ancora bella e forse determinata, si mette gli occhiali da sole e scappa via facendoci pensare al Principe e alla summa di tutto: Siamo vecchi Chevalley, vecchissimi.

 

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