Ray Liotta: un ultimo saluto al bravo ragazzo libero

Ray Liotta: un ultimo saluto al bravo ragazzo libero

Tra i “goodfellas” era sicuramente il più bello e affascinante, con lo sguardo penetrante e la mimica facciale oscillante sempre tra riduzione ed esagerazione. Ray Liotta da Newark si è spento in silenzio, nel sonno, all’età di sessantasette anni. Si trovava in Repubblica Dominicana, sul set del film Dangerous Waters, in compagnia della fidanzata, Jacy Nittolo, che presto avrebbe sposato.

Nella sua quarantennale carriera, Liotta ha saputo ritagliarsi ruoli che difficilmente si allontaneranno dal continuare a caratterizzare l’immaginario collettivo. Adottato all’età di sei anni, vive un’infanzia complicata scoprendo la recitazione all’università, in un periodo in cui gli Stati Uniti ancora tentano di scrollarsi di dosso il decennio fallimentare caratterizzato dal Vietnam, dall’omicidio di Kennedy e dallo scandalo Watergate. Per pagarsi gli studi fa piccoli lavoretti e inizia la carriera artistica principalmente in televisione, con soap opere e serial. L’esordio cinematografico, dopo tanta gavetta, avviene accanto alla splendida Melanie Griffith, in Qualcosa di Travolgente di Jonathan Demme, film presentato nel 1987 alla quarantesima edizione del Festival di Cannes; per quest’opera sarà candidato ai Golden Globe come miglior attore non protagonista. Lavora con registi e sceneggiatori del calibro di Ridley Scott, Paul Schrader,  Ted Demme, Nick Cassavetes, Guy Ritchie. Nel ruolo di Henry Hill in Goodfellas di Martin Scorsese, sviluppa la sua migliore interpretazione, di fatto un mangia spaghetti gangster di Brooklyn “condannato” alla Via Crucis tra affiliati, cocaina, tradimenti e dolore. Come per i più grandi, Liotta presenta in questa pellicola la lieta complessità del suo recitare. Pur governando il terreno delineato del villain, grazie al suo volto e alla sceneggiatura, il suo incedere in quadro esalta un sistema estetico e attoriale che fonde commedia e tragedia, che passa dal delirio schizzato degli occhi, a carattere radicale, ai momenti di raccolta, di piena drammaticità silenziosa. Su quest’ultima cifra, Liotta costruirà tutto il personaggio di Fred Jung, il padre inerme, impotente ed estremamente dolce, del narcotrafficante l’Americano in Blow. Un attore completo, trasversale, capace di mettere insieme behaviorismo e understatement, assecondare il sistema visionario di Scorsese o la drammaticità di Demme.

Il tessuto artistico di Liotta affondava nel talento coraggioso e grazie a questo, nonostante il codice villain, egli ha potuto vivere il mondo hollywoodiano da battitore libero, senza farsi narcotizzare all’interno di un genere o di un filone. Da qui una ricerca per interpretare e convergere su sceneggiature, pellicole che potessero aprire a nuove sfide, come il fantasy L’uomo dei sogni del 1989 o la commedia Una moglie per papà, accanto a Whoopi Goldberg, nel 1994. La sua scomparsa lascia in eredità un modo di fare cinema e intendere le immagini in movimento che non c’è più, che aveva il profumo della pellicola e la bellezza di un semplice dialogo campo-controcampo. Il suo volto e le sue rughe ci riportano indietro agli anni Novanta, ad un cinema che non conosceva ancora il potere contrattuale dei network televisivi e che per l’ultima volta, grazie ad autori come Scorsese, Tarantino, Kusturica, si muoveva sul terreno della metariflessione e della sperimentazione.

 

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