Stranger Things: seconda stagione

Stranger Things: seconda stagione

Che fine ha fatto, dove si trova Eleven? In questo nuovo reset la sua detenzione è “morbida” e il passato sembrerebbe finalmente prendere forma. Hawkins rinnova il teatro citazionistico con le coppie di significazione pronte a creare diversi subplot legati alla minaccia, al trauma declinati in chiave sci-fi. I giovani protagonisti stanno crescendo e le loro paure compromettono e condizionano anche, soprattutto, gli adulti.

È ormai passato un anno dalla scomparsa e dal ritrovamento di Will e la comunità di Hawkins si ritrova a fare i conti con un quotidiano condizionato e condizionante. Eleven è scomparsa, nonostante Mike tenti in tutti i modi di “ritrovarla” con il walkie-talkie, Dustin e Lucas subiscono il fascino di una nuova compagna di classe e il laboratorio potrebbe essere messo sotto inchiesta vista la presenza in città di un giornalista ficcanaso. Intanto nelle viscere della terra il sottosopra aumenta la sua minaccia mediante The Shadow Monster, pronto a “rapire” la mente e il corpo di Will.

Questa seconda stagione fertilizza al meglio l’enorme potenziale, la pasta drammaturgica del primo capitolo. Numerose linee narrative convergono nel nucleo simbolico principale caratterizzato da un continuo contrasto tra dentro e fuori, razionalità e paura, trauma e superamento dello stesso. Il gruppo dei ragazzi, prima del ritorno di Eleven, non è più un blocco unico viceversa si “sfalda” e si ricongiunge ciclicamente portando soluzioni ai vari subplot. Eleven palesa, all’interno della struttura di genere, un arco da romanzo di formazione affondando i suoi poteri nel recupero e nella conoscenza del proprio passato grazie ai flashback e a soluzioni in itinere. Rinvigorita risulta essere la mission citazionistica, basti pensare alla new entry del personaggio interpretato da Sean Austin, l’indimenticato Mikey Walsh dei Goonies e i continui riferimenti all’immaginario anni ottanta, da Back to the future a Stand by Me, dalle musiche dei Talking Heads alla lacca “utile” per una chioma alla Farrah Fawcett. Un montaggio attento alle varie dinamiche ritmiche marca il territorio, il brand seriale e alcune titubanze di scrittura emergono su rivoli non determinanti, come nel caso dell’indagine del giornalista sulla morte di Barbara.

Un secondo capitolo che mantiene e supera le basi del primo continuando il suo percorso trasversalmente coinvolgente. Stranger Things è una delle poche serie che riesce, nello stesso istante, a coinvolgere adulti e adolescenti. I primi si abbandonano nella memoria e nella lieta nostalgia degli anni Ottanta, i secondi si legano alle dinamiche e alle pulsioni, reali e concentrate, dei protagonisti.

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <s> <strike> <strong>